Esclatamasters, 9a
posted on March, 2023
Il viaggio che mi ha portata qui è durato quasi 25 anni. È trascorso quasi un
quarto di secolo da quella prima lezione di arrampicata, dopo la quale mi è
subito stato chiaro che avevo trovato quello che mi piaceva d’avvero, era
partita la scintilla, ma la strada non è stata né dritta né in piano, ci sono stati
sali e scendi e ho preso molti bivi, scegliendo di sperimentarmi in varie
discipline dell’arrampicata. Ma ad un certo punto ho deciso di tornare al mio
primo amore: l’arrampicata su roccia.
Per la maggior parte di questi anni non ho nemmeno immaginato che un
giorno avrei potuto arrivare a questo grado magico. Ma ad un certo punto il
pensiero si è intrufolato nella mia testa, e come disse una volta Walt Disney:
"If you can dream it, you can do it".
Dopo aver ammesso a me stessa, che questo sogno fosse inizialmente folle,
è arrivato il duro lavoro.
Ho deciso che avevo bisogno di un supporto professionale e ho iniziato ad
allenarmi secondo i consigli del campione del mondo Patxi Usobiaga; poi ho
scelto una via che poteva essere sul mio stile di arrampicata, cioè
predominante di resistenza.
A ottobre dell’anno scorso sono partita per un primo viaggio in Spagna per
vedere se la via scelta poteva essere fattibile, ma soprattutto se mi sarebbe
piaciuta. Arrivando nella frazione di Perles, un conglomerato di una decina
di case di sassi ed una chiesetta romanica, si vede uno spettacolare arco di
roccia, e proprio su uno dei lati di questo arco sale la linea di
Esclatamasters; è stato chiaro da subito che il posto era bellissimo e che la
via mi piaceva. Dopo qualche giro sono riuscita a fare tutti i singoli
movimenti, anche se un paio erano d’avvero molto al limite e a questo punto
ero carica e speranzosa, perché fare i singoli di una via, ha per me sempre
significato che prima o poi li potevo concatenare tutti, cosa che credevo di
poter fare anche per questa via. Durante questo primo viaggio, ho deciso di
concentrarmi sul provare soprattutto la prima parte della via che strapiomba
parecchio e richiede movimenti fisici, alternando canne da pinzare con svasi
e qualche tacca. Alla fine del viaggio sono riuscita a fare Sin Perdon, un’8b+
che condivide con Esclatamasters tutta la prima parte e si separa alla
grande canna a metà via. Le temperature ad ottobre erano più alte del solito
e, insieme all’umidità nell’aria, creavano condizioni non ottimali per provare i
movimenti sulla seconda parte della via, un muro grigio leggermente
strapiombante con tacche sfuggenti, che spesso si tengono con meno della
prima falange delle dita.
Tornando a metà febbraio, ho trovato condizioni totalmente diverse,
temperature più basse e un venticello frizzante, e sentivo le prese molto
meglio. I miglioramenti sono arrivati quasi da subito. Il quarto giorno sulla
via sono riuscita ad arrivare in catena con due resting ed il sesto giorno ho
ridotto ad un solo resting. Da questo punto ho assistito ad un affascinante
processo di continui miglioramenti che non avevo visto su nessun altro
progetto in precedenza. Solitamente cadevo molte volte allo stesso
movimento chiave, oppure in un tentativo miglioravo e in quello successivo
peggioravo; qui invece ogni giorno che provavo la via ho avuto un
progresso, riuscivo a fare uno, due, o tre movimenti in più per poi arrivare a
rinviare la sosta con un urlo che ha risvegliato la valle, ed un sorriso enorme
sulla faccia.
Ringrazio il mio compagno Marco ed i miei amici Barbara e Gordon per il loro
supporto, le sicure pazienti ed il tifo caloroso e vorrei ringraziare i miei
sponsor Karpos, Grivel, Kiku Apples e La Sportiva per essere sempre al mio
fianco ed aver creduto in me anche nei momenti in cui ho deciso di
cambiare.
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